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Vai allo shop13 Settembre 2021
Con il fratello Oscar ha fondato uno studio di progettazione di successo, portando con sé gli insegnamenti della falegnameria di famiglia
L’infanzia trascorsa nella falegnameria di famiglia è stato l’inizio di un percorso professionale e di vita di successo. La formazione universitaria al Politecnico di Milano ha ampliato e articolato la visione progettuale e ha messo insieme i tanti spunti che Oscar e Gabriele Buratti avevano tratto, osservando al lavoro gli architetti che frequentavano l’officina. E proprio questa formazione così approfondita e densa ha reso possibile sviluppare la capacità di dominare un progetto dal piccolo al grande, dal dettaglio di prodotto all’architettura. Con una invidiabile conoscenza dei materiali e delle loro potenzialità.
Cosa vi ha portato verso la professione di architetto: il background, una passione comune?
Oscar ed io siamo due fratelli e i nostri genitori avevano una falegnameria e nasce un po’ tutto da lì: siamo cresciuti in mezzo a legni, viti, chiodi. Ma anche vedendo disegni fatti in scala 1:1 su foglio di compensato e avendo l’opportunità di osservare gli architetti che venivano in falegnameria. Per cui credo che, inconsciamente, tutto parta da lì. Poi naturalmente ha preso forma alla facoltà di architettura del Politecnico di Milano dove è avvenuto il passaggio da una formazione artigianale a una formazione da architetto.
Dalle vostre collaborazioni, traspare una volontà di selezione delle aziende con cui lavorate, tutte accomunate da una grande eleganza, ricerca sui materiali e in generale standard elevati. Cosa determina, dunque l’eleganza di un interno?
Noi, come altri italiani, abbiamo una cultura trasversale. Scegliere di occuparsi della progettazione a 360° implica la capacità di governare la scala. Passare da una scala architettonica, a una di prodotto a una di interior non è semplice. Eleganza vuol dire curare molto le cose, scegliere bene, fin dal minimo dettaglio. La cosa che ci caratterizza è pensare all’eleganza anche in termini di spazio, non solo in termini di oggetti. Pensiamo al paesaggio domestico e al paesaggio in generale. Un paesaggio fatto di luci, di matericità, di colori e soprattutto abitato dalle persone. E a noi piace lavorare per persone eleganti, con materiali eleganti e aziende eleganti.
E quindi si ritorna alla visione trasversale alle varie scale del progetto.
In generale possiamo anche parlare di bellezza: vivere all’interno della bellezza è un’esigenza delle persone. Una cosa fondamentale, per la qualità della vita delle persone. E credo che in questo periodo ci siamo accorti che abitare in case non belle ha un impatto negativo sulla vita. Il problema non è solo la funzionalità, la funzionalità è il punto di partenza per creare un oggetto che possa piacere.
Come nasce la lampada Meridiano?
È una delle tre lampade della trilogia per Fontana Arte che è partita con la lampada Equatore ed è proseguita con Meridiano e Tropico. In tutte e tre la partenza è la fonte luminosa che con l’avvento del LED che non è più in grado di generare una forma – al contrario delle lampadine a incandescenza che avevano una forma a cui ci si doveva adattare. La luce quindi deve essere incapsulata in una forma che va disegnata. Per fare questo, per Meridiano, siamo tornati ai materiali tipici di Fontana Arte che sono vetro e metallo, per riposizionare l’azienda all’interno della sua tradizione attraverso questi due materiali.
Qual è invece la genesi della poltrona Akiko per Gallotti&Radice?
Il rapporto con l’azienda è molto strutturato, spesso abbiamo fatto tavoli e altri arredi “duri”, ma abbiamo sempre avuto la voglia di fare qualcosa di morbido. Questa sedia è la nostra interpretazione della poltroncina che abbiamo voluto ridisegnare partendo dalla figura del cerchio. Un segno che rende questa poltroncina iconica, riconoscibile. Un altro aspetto che ci piace di questo progetto è il rapporto di pesi tra la seduta abbondante e la struttura esile, che ricorda l’estetica del fenicottero.
Il tema dell’equilibrio tra materiali duri e materiali morbidi torna nel divano Abacus disegnato per Porada, ci racconta questo progetto?
Anche con Porada si è creato un rapporto di stima e fiducia reciproca. Abacus è un divano molto comodo, accogliente, semplice da riconoscere e da apprezzare. Abbiamo inserito il tema delle geometrie per dare al paesaggio domestico una caratterizzazione particolare e il tema del recupero del legno per uno dei due braccioli che diventa una sorta di tavolino.
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