Patrick Jouin rivela la bellezza della progettazione intelligente

11 Gennaio 2022

Nel 2009 il Centre Pompidou di Parigi ha dedicato al suo lavoro una mostra monografica, nel 2011 è stato premiato con il Compasso d’Oro e negli anni ha stretto collaborazioni con aziende del calibro di Cassina, Zanotta, Porada, Pedrali, Fiam. Eppure Patrick Jouin, nato nel 1967 a Nantes, è rimasto con i piedi per terra. Anti-star più che archistar ha un approccio alla progettazione molto concreto. Racconta il suo metodo con estrema naturalezza, guidato dalla logica, dalla ricerca della soluzione più giusta e appare molto lontano dai colpi di teatro che invece ricercano altri. Insieme a Sanjit Manku ha firmato prestigiosi progetti architettonici come le ristrutturazioni dell’hotel La Mamounia di Marrakech e della stazione di Montparnasse a Parigi e la boutique Van Cleef&Arpels di New York. Dai grandi edifici agli arredi e agli accessori, il suo lavoro è attraversato da coerenza progettuale ed estetica ma anche dalla capacità di immaginare soluzioni dalla bellezza sorprendente. Soluzioni intelligenti che concedono al fruitore non solo funzionalità ma anche un momento di stupore e incanto.

Qual è il filo conduttore tra i suoi progetti di architettura su larga scala e il suo lavoro di designer industriale?

Il punto in comune è l’inizio. Semplicemente la pagina bianca su cui tutto può arrivare disegnando un punto, una linea, un’ellisse. In effetti, puoi disegnare tutto ciò che vuoi. Che si tratti di una sedia molto piccola o di un’enorme stazione ferroviaria. Per me, non c’è differenza tra le diverse scale. Si parte sempre da un’intenzione generale, da un’intuizione, per entrare a poco a poco in una forma, in una poesia, in questa relazione sensibile che potrebbe esistere tra l’oggetto o lo spazio e gli esseri umani.

C’è un materiale da cui si sente particolarmente ispirato?

Non ci sono materiali che mi ispirano particolarmente. Siamo noi che dobbiamo trovare il materiale giusto per un progetto. Prima di progettare un oggetto, un’architettura o qualsiasi forma, decido in anticipo quale sarà il materiale e le tecniche da utilizzare per realizzarlo.

Come è stata la collaborazione con Porada e in particolare il Mary Bar?

La collaborazione con Porada è iniziata molto tempo fa. Porada ha un know-how molto particolare, molto preciso con il legno. La sensualità del loro approccio al legno è molto vicina al mio modo di progettare, quindi è una cosa naturale per me lavorare con loro. Questo vale specialmente per il Mary bar. Questo pezzo poetico, elegante e delicato è un bel elemento aggiuntivo e autonomo, progettato per essere in armonia con gli interni. Ho disegnato Ella e Louis quando ero negli Stati Uniti. Si ispirano alla storia dei mobili americani, e più in particolare ai mobili dello Shakers Design che mi piacciono molto, lo si vede nella linea del bracciolo. Ho voluto che le sedie che ho disegnato per Prorada fossero un omaggio al legno, che è il materiale del futuro.

Come nasce il progetto della sedia Elipse per Zanotta?

Zanotta è una delle aziende più belle nella storia del design italiano. Achille Castiglioni, che è un designer che tutti noi amiamo, ha saputo mettere serietà e umorismo nei suoi progetti. Questa impertinenza che ritroveremo nel suo lavoro e nel lavoro di Zanotta è stata fonte di ispirazione per il progetto della sedia Elipse. Volevo realizzare una sedia in alluminio leggera che fosse estremamente robusta e allo stesso tempo avesse un piccolo occhiolino funzionale con un piccolo foro in modo da poterla spostare come desideri.

Per me una sedia serve per sedersi ma anche per raccogliersi e creare un momento di amicizia, di condivisione. Quindi, in questi momenti, i mobili devono poter essere facilmente spostati. È un oggetto pratico al servizio di questi momenti.

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